La Mitologia per profondità, durata e universalità è paragonabile soltanto alla Natura stessa.
(Friedrich Schelling)
A livello etimologico potremmo tradurre il termine greco “Mitologia” con “Dipanarsi di Storie”, “Racconto di Racconti”, dato che originariamente Mythos e Logos non erano distinti, ma avevano lo stesso significato appunto di storia o racconto intorno al senso della natura e della vita. Peculiarità dei Miti è il cantare vicende riguardanti dei, divinità ed eroi che, nel loro essere apparentemente frutto di menti fantasiose e immaginifiche, in realtà “Rivelano il Mondo” attribuendovi un Senso e una Visione a coloro che vi abitano.
Tra il Mythos della Mitologia e il Logos della Filosofia il confine è davvero labile, tant’è che entrambe hanno a che fare essenzialmente con tre questioni: il tema dell’Origine o Fondamento (ciò che fonda un Mondo e una Visione del Mondo, l’Arché dei cosiddetti presocratici); il tema della Totalità compresa e ridotta ad Unità (ciò che attribuisce un Senso Unitario alla molteplicità dei fenomeni presenti nella realtà, in termini metafisici l’Ousìa); infine il tema della Verità (ciò che è vero in quanto primo e originario, l’Aletheia intesa come rivelazione, “Non-Nascondimento”, o meglio “Non-Oblio”, ma anche “Memoria”, “Ricordanza”, “Trasmissione”).
Riguardo all’accezione di Verità, la Filosofia seguirà però ben presto una strada diversa rispetto a quella tracciata dalla Mitologia: secondo la prima, il termine “Verità”, più che intuizione o rivelazione divina, significa, in termini prettamente umani, ciò che si fonda su se stesso, l’incontrovertibile, il “ciò che è e non può non essere”, ovvero l’Episteme, il sapere logico e al limite può assumere, in senso più debole, il significato di correttezza e verificabilità, ovvero Orthotes; secondo la Mitologia, invece, la verità ha a che fare più precisamente con il Verosimile, ovvero con “ciò che è, ma può anche non essere”, il non necessariamente vero, ma nemmeno il necessariamente falso, in ogni caso ben lontano dall’indubitabile e dal verificabile.
A questo proposito sono emblematici i versi iniziali della “Teogonia” di Esiodo, nei quali l’antico poeta greco invoca le Muse, non a caso figlie di Mnemosyne, la Memoria, affinché lo ispirino a ri-cordare, ri-portando alla luce la Verità, traducibile in questo caso come A-letheia, intesa proprio come ciò che è da sempre e per sempre da s-velare nuovamente. Ecco la risposta delle Muse: “Pastori che dimorate nei campi, esseri immondi, ventre soltanto, noi sappiamo raccontare molte menzogne, simili a verità, ma pure sappiamo, qualora ci aggradi, il vero cantare”.
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