Oggi cercherò di rispondere a questa annosa questione, in cui si sono cimentati prima di me illustri pensatori e studiosi tra cui il grande psicologo Paul Watzlawick, nel suo ormai celeberrimo “Istruzione per rendersi infelici”. La difficoltà principale nel rispondere a questo sconcertante quesito consiste nelle pressoché infinite varianti con le quali si può raggiungere uno stato di soddisfacente infelicità, d’altro canto possiamo presumere di carpire alcune preziose costanti negli atteggiamenti e nelle manifestazioni comportamentali degli artisti dell’infelicità. Vediamo un po’ di delinearne alcune in modo sintetico e discorsivo.
Anzitutto, per essere infelici, cominciate ad escludere dalla vostra esistenza la parola “grazie”, il sentimento di “gratitudine” e le sensazioni di “stupore” e “meraviglia”. Vivete dando per scontato tutto quel che vi è dato, nella costante e spasmodica ricerca di ciò che sentite mancarvi, poiché ovviamente, come negarlo, vi è sempre qualcosa che manca su questa terra e che vi può condurre, statene certi, ad una perenne insoddisfazione. Fate insomma in modo che la prospettiva dalla quale osservate quel bicchiere ve lo mostri sempre mezzo vuoto. Se vi apparisse per caso mezzo pieno, consideratelo un mero vagheggiamento della mente. Trattasi sicuramente di un abbaglio!
In secondo luogo, continuate a fare esattamente quello che avete sempre fatto, seguendo pedissequamente quello che vi è stato da sempre detto di fare, dai vostri genitori, dai vostri nonni, dai vostri parenti, dai vostri maestri, dai vostri capi, perché “si deve” fare così, perché “è giusto” fare così. In seguito trasmettetelo anche ai vostri figli. Attenzione fatelo e basta, obbedite come inconsapevoli automi e guai se vi venisse il dubbio di esserlo, anche perché, in quest’ultimo caso, è vero che potreste perfino raggiungere un grado di infelicità maggiore rispetto a quella qui auspicata, ma poi il contro-effetto potrebbe essere quello di portarvi all’auto-determinazione e perfino ad una sorta di felicità. Nel dubbio non rischiate!
In terzo luogo, dopo aver accettato di entrare nelle gabbie indotte che vi hanno preconfezionato sin da bambini e alle quali vi siete saldamente ancorati, pur avvertendo ogni tanto un sottile senso di disagio, continuate pure a lamentarvi, giorno dopo giorno, formulando a gran voce esasperanti mantra sonori, in una sorta di compiaciuto crogiolarsi nelle molteplici disgrazie in cui vi trovate innocentemente coinvolti. Vittime perennemente incomprese di un mondo feroce e carnefice. Ma per carità, non vi venga mai in mente di prendere in mano la vostra vita, assumendovi le vostre responsabilità! Sarebbe la fine della pacchia e degli straordinari vantaggi a cui vi conduce il vostro continuo porvi come povere vittime, bisognose di aiuto e comprensione. Non fatelo, continuate sistematicamente a lamentarvi!
Infine, seppur le modalità umane di rendersi infelici siano straordinariamente affinate e variegate, concludiamo con un punto estremamente importante, inerente soprattutto l’ambito delle relazioni affettive e sentimentali. Posso immaginare che quello che inizialmente credevate l’amore della vostra vita vi abbia profondamente ferito, sconvolto, disilluso, conducendovi a inalare dosi incommensurabili di sofferenza e infelicità. Molto bene! Ma io vi dico, potete fare di meglio: serrate per sempre il vostro cuore dietro un’impenetrabile cortina di ghiaccio, corazzatevi nei confronti del vostro sentire in relazione all’altro, chiunque esso sia, in particolare nei confronti di colui con il quale in qualche modo avvertite potreste vivere momenti di piacere e persino di felicità, non ascoltate il vostro sentire più radicale e profondo, seppur esso vi parli in accordo con la vostra autentica ed essenziale natura, non seguite il vostro intuito, ma date retta soltanto alla vostra mente, ai suoi schemi, ai suoi blocchi, ai suoi limiti e soprattutto alle sue giustificate e comprensibili paure. Ecco, così facendo vi assicuro che non soffrirete più per amore, ma di certo non sarete felici, per cui possiamo affermare nuovamente di aver raggiunto il nostro encomiabile obiettivo di partenza.
Come potrete a questo punto chiaramente notare, anche l’essere infelici richiede una certa esperienza, impegno e dedizione. Non ho la pretesa di dirvi che sia facile, perché in effetti non lo è. La porta della Felicità potrebbe apparire in ogni istante proprio lì, dietro l’angolo. E allora non voltate lo sguardo, tirate avanti, come sempre e per sempre. Da buoni realisti pragmatici potete sempre continuare a raccontarvi che la Felicità non esiste, trattasi soltanto di una pia illusione, e in fondo, piuttosto che rischiare di essere felici, meglio mantenersi in un anonimo, tranquillizzante, apatico stato di infelicità. Bene, se siete giunti a questa egregia conclusione, allora siete pronti a vivere, pardon sopravvivere, da infelici!
Buona infelicità a tutti!